giovedì 31 maggio 2012

CINA. Weibo, un codice etico a punti limiti alla libertà di espressione

Le pressioni delle autorità cinesi sul microblogging hanno indotto il gigante asiatico ad applicare un nuovo sistema restrittivo nella messagistica tra gli utenti. Nelle condizioni di uso, ogni iscritto dovrà rispettare un insieme di norme etiche, pena la cancellazione dell'account

"NON DIFFONDERE e pubblicare informazioni false, non lasciare commenti offensivi, non opporti ai principi fondamentali della Costituzione cinese, non rilevare i segreti di Stato, non minacciare l'onore della Cina, non promuovere sette o superstizioni, non organizzare manifestazioni di massa illegali, non raggirare con nuovi metodi le regole qui indicate". È la censura, il nuovo codice comportamentale nelle condizioni di uso di Weibo, il microblogging più grande della Cina che ha più di 300mila iscritti. L'iniziativa, secondo quanto riporta la Bbc, è stata presa dal servizio Sina Corp dopo una serie di critiche da parte delle autorità cinesi su indiscrezioni 'infondate' postate da alcuni utenti.

Condotta a punti. Tra le novità introdotte anche uno 'score' di 80 punti. Il punteggio aumenta se l'iscritto aderisce ad attività promozionali, diminuisce, invece, in caso di infrazione delle regole. Sotto un certo limite, scatta infine l'avviso: la cancellazione del proprio account. Tuttavia, i più indisciplinati potranno rientrare nel social network e riottenere il proprio punteggio inziale, solo se rispetteranno, almeno per due mesi consecutivi, il codice di condotta.

Weibo in Cina. Nel 2011 l'uso del twitter cinese è quadruplicato rispetto all'anno precedente. Più della metà degli utenti della Repubblica popolare cinese ricorre al web per avere notizie e diffondere il proprio punto di vista. Con il boom di internet, la rete è diventata una potente arma di denuncia della corruzione del paese.

Le autorità hanno criticato le false notizie diffuse attraverso microblog quali l'assassinio del leader nordcoreano, Kim Jong-il e il tentativo di un colpo di stato militare per rovesciare la presidenza cinese di Hu Jintao. Così i leader cinesi, temendo di perdere il controllo dell'informazione, hanno iniziato a far pressioni e costringere a siti come quello di Weibo di inserire nuove normative comportamentali.

Fonte: La Repubblica.it del 28 maggio 2012

mercoledì 30 maggio 2012

LA SENTENZA. Ex presidente della Liberia Taylor condannato a 50 anni di carcere

Colpevole per 11 capi d'accusa per favoreggiamento e aiuto dei ribelli durante il conflitto in Sierra Leone. È il primo ex capo di Stato ad essere condannato da una corte internazionale per crimini di guerra e contro l'umanità dalla seconda guerra mondiale

Charles Taylor, l'ex presidente liberiano
LEIDSCHENDAM - L'ex presidente della Liberia, Charles Taylor, è stato condannato a 50 anni di reclusione dal tribunale speciale colpevole di crimini contro l'umanità e di guerra durante il conflitto in Sierra Leone. Taylor era accusato di aver armato i ribelli nella guerra civile tra il 1991 e il 2002. Secondo i giudici, l'uomo "non fu solo un fornitore di armi o un finanziatore", ma piuttosto "l'artefice di uno dei capitoli più sanguinosi della storia dell'invasione di Freetown", la capitale del paese africano che confinava con la Liberia.

Il processo all'ex presidente liberiano era iniziato nel gennaio del 2007. La pubblica accusa aveva chiesto lo scorso 3 maggio una condanna ad 80 anni di carcere, sottolineando "l'enormità" dei crimini commessi dall'imputato. I suoi legali avevano ritenuto la richiesta "eccessiva" e per questa ragione avevano domandato che il loro assistito non venisse condannato all'ergastolo.

Presidente della Liberia dal 1997 al 2003, è stato arrestato nel 2006 in Nigeria. Già il mese scorso, il tribunale l'aveva giudicato colpevole di undici imputazioni di crimini contro l'umanità e crimini di guerra - fra cui stupri, omicidi e saccheggi commessi fra 1996 e 2002 in Sierra Leone - per aver garantito assistenza logistica e sostegno ai ribelli del Fronte rivoluzionario unito (Ruf) che si macchiarono dell'uccisione di decine di migliaia di persone e arruolarono bambini soldato durante la guerra civile della sierra leone (1991-2001). In cambio del sostegno, Taylor riceveva "diamanti" raccolti da schiavi. Secondo l'accusa, l'ex capo di stato liberiano "aiutò e incoraggiò" una campagna di terrore volta ad ottenere il controllo della Sierra Leone con l'obiettivo di mettere le mani sui suoi diamanti, durante un conflitto civile costato 120mila morti e contrassegnato anche da numerosi atti di cannibalismo e mutilazioni.

Nonostante la sentenza, l'uomo però continua a dichiararsi innocente ed è molto probabile che presenterà  ricorso. Secondo la Bbc, il processo d'appello potrebbe durare fino a sei mesi. Taylor è il primo capo di stato africano condannato dalla giustizia internazionale dai processi di Norimberga contro i nazisti dopo la Seconda Guerra mondiale.

fonte: La Repubblica.it del 30 maggio 2012

LO STUDIO. Cnel, oltre 10mila cervelli in fuga. Ma c'è il boom di infermieri rumeni in Italia

Secondo la ricerca, Germania, Gran Bretagna e Svizzera sono le mete scelte dai giovani professionisti italiani per trovare un'occupazione. Ciononostante l'Italia risulta essere polo attrattivo per lavoratori stranieri (da Romania, Spagna e Germania) con una formazione medio bassa

ROMA - Medici, avvocati e architetti in fuga all'estero per trovare lavoro. Sono oltre 10 mila i professionisti che tra il 1997 e il 2010 si sono trasferiti stabilmente in altri paesi europei. Circa 4mila persone vivono in gran Bretagna, 1500 scelgono la Svizzera e  poco più di 1000 persone optano per la Germania. Lo conferma l'indagine del centro studi del Forum nazionale dei Giovani in collaborazione con il Cnel.

I lavoratori altamente qualificati che lasciano l'Italia sono medici (2640), insegnanti delle scuole superiori (1327), avvocati (596) e architetti (214). Tuttavia il Belpaese è un polo di attrazione per chi arriva dall'estero. Il saldo tra gli arrivi e le partenze è positivo per circa mille unità. Tra il 2007 al 2010 sono arrivati in Italia professionisti rumeni (5125), spagnoli (1306) e tedeschi (1030). In genere, la loro qualifica è medio-bassa: la maggior parte sono infermieri (6531).

Le difficoltà. Per i lavoratori altamente qualificati lasciare il proprio paese non è una passeggiata. Secondo il Cnel, i principali ostacoli sono la libera circolazione in Europa, il riconoscimento dei titoli, l'omogeneità dei percorsi formativi. I professionisti più agevolati nella mobilità Ue sono i medici e gli architetti. Le maggiori difficoltà le incontrano psicologi e giornalisti; seguono notai, commercialisti, consulenti del lavoro e avvocati. Secondo l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) l'Italia risulta avere
una regolamentazione tra le più complicate in Europa. Peggio solo la Slovenia, la Turchia e il Lussemburgo.

Professionisti over 50.Tra gli oltre 2 milioni di iscritti agli ordini professionali, appena il 9,4% ha meno di 30 anni. Nell'indagine, un notaio su due ha più di 50 anni e quasi tre medici su quattro sono over 45. Ci sono più giovani nella categoria dei giornalisti e degli avvocati: oltre il 60% ha meno di 45 anni.

fonte: La Repubblica.it del 30 maggio 2012

lunedì 28 maggio 2012

IL CASO.Bahrain, libero l'attivista Nabeel Rajab. Divieto di espatrio, accuse all'Iran

Il tribunale ha disposto il rilascio del più noto esponente del movimento di difesa dei diritti umani del paese. Dovrà pagare una cauzione di circa 800 dollari, divieto di espatrio. Continuano le condanne di attivisti accusati di complottare con agenti iraniani contro la monarchia sunnita. Un mese per la blogger Zainab al-Khawaja

L'attivista Nabeel Rajab
MANAMA - Il più famoso attivista per la difesa dei diritti umani in Bahrain, Nabeel Rajab, è stato liberato su cauzione. Lo conferma il suo avvocato, Mohammed al-Jishi, precisando che l'attivista dovrà pagare una multa di 300 dinar (circa 800 dollari) e non potrà lasciare il paese. "Il caso è ancora in corso. Non c'è ancora nessuna sentenza. Attendiamo la prossima udienza, il 17 giugno", ha dichiarato il legale da Manama.


VIDEO - Le prime parole di Nabeel dopo il rilascio
LE FOTO - Manama, le foto del rilascio di Rajab 


Nabeel Rajab è il fondatore del Centro per i diritti umani in Bahrain. Salito alla ribalta lo scorso anno quando è diventato uno dei personaggi più rappresentativi dell'opposizione sciita e protagonista delle proteste di piazza organizzate contro la dinastia sunnita, Al Khalifa, che governa in minoranza sul piccolo regno del Golfo. Con 140mila seguaci su Twitter è uno dei più noti attivisti online. Gli sciiti lamentano di essere stati a lungo emarginati dalla vita politica ed economica e accusano la monarchia di non aver mai voluto attuare le riforme necessarie a democratizzare il Bahrain. Ogni giorno il principale partito d'opposizone al-Wefaq organizza manifestazioni in tutto paese per chiedere le dimissioni del regime del re Hamad bin Issa al-Khalifa.

Le accuse. "Sono stato arrestato a causa delle mie attività. Continuerò comunque a rivendicare il diritto alla libertà di parola e difendendo i più deboli", ha detto Rajab lasciando la stazione di polizia dove ha firmato i documenti per il suo rilascio. Dopo l'intervista in tv con il fondatore di Wikileaks, Julian Assange, l'uomo era stato arrestato lo scorso 5 maggio all'aeroporto internazionale della capitale.
Opzioni
Due sono le accuse contro l'attivista. La prima è di aver insultato con quattro tweet il ministero dell'Interno per non aver effettuato indagini adeguate contro le recenti repressioni di migliaia di civili. La seconda è di essere il fautore delle manifestazioni illegali che potrebbero costargli, secondo il suo avvocato, due anni di carcere. In un recente incontro del Consiglio dei Diritti umani delle Nazioni Unite, a Ginevra, alle autorità del Bahrain era stato chiesto di rilasciare tutti i prigionieri politici, tra cui anche Nabeel Rajab. "Le accuse contro Nabeel Rajab sono il tentativo di mettere a tacere una delle personalità più influenti del governo del Bahrain", aveva detto Joe Stork, responsabile dell'Osservatorio dei Diritti umani per il Medio Oriente.

Molti attivisti ancora in prigione. Resta invece ancora in carcere la giovane Zainab al-Khawaja, condannata a un mese di reclusione per aver partecipato a una protesta antigovernativa e per aver opposto resistenza a una poliziotta. Figlia di Abulhadi al-Khawaja, noto attivista in Bahrain per i diritti umani che oggi ha deciso di interrompere lo sciopero della fame dopo la notizia del rilascio di Nabeel. Al-Khawaja, aveva iniziato la protesta in seguito alla condanna all'ergastolo emessa nei suoi confronti da un tribunale militare nel giugno scorso. Secondo i dissidenti, l'uomo era sopravvissuto solo perché le autorità penitenziarie lo obbligavano al nutrimento forzato.

Scontro Iran-Bahrain. I regnanti del Bahrain accusano Teheran di fomentare le rivolte per affermare la supremazia sciita ma il governo di Ahmadinejad nega ogni coinvolgimento. Il ministero degli Esteri dell'Iran ha respinto le voci secondo cui il paese avrebbe partecipato a un complotto per rovesciare la monarchia sunnita. Lo riferisce l'agenzia iraniana Mehr, citando le parole del portavoce, Rahmin Mehmanparast: "Teheran non 'interviene' negli affari interni del Bahrain. Invitiamo Manama a considerare invece le "richieste del popolo", piuttosto che accusare altre nazioni come l'Iran".

Ieri intanto il regno del Golfo ha condannato otto persone a pene detentive fino a 15 anni per avere organizzato presunti attacchi contro l'ambasciata saudita e il Ministero dell'Interno e per avere cospirato con sospetti agenti iraniani per spodestare la dinastia sunnita al potere in Bahrain.

fonte: La Repubblica.it del 28 maggio 2012

sabato 26 maggio 2012

ATOMICA. Iran, trovato livelli di uranio al 27%. Aiea: "Superiore ai limiti consentiti"

Un rapporto dell'Agenzia dell'energia atomica denuncia l'aumento della produzione di materiale arricchito. Si teme che il governo iraniano fabbrichi molto presto un ordigno nucleare. La Repubblica islamica respinge le accuse, sostenendo che il suo programma nucleare ha esclusivamente uno scopo pacifico
I colloqui tra Iran e il gruppo dei "5+1" a Baghdad

TEHERAN - Rinvenute tracce di uranio arrichito al 27 per cento nell'impianto nucleare di Fordow, in Iran. Lo confermano i risultati dei campioni prelevati lo scorso 15 febbraio dall'Agenzia internazionale per l'Energia atomica (Aiea). Secondo il rapporto, l'Iran avrebbe aumentato la propria capacità di produrre materiale nucleare "sensibile", installando centinaia di nuove centrifughe per l'arricchimento dell'uranio nel sito sotterraneo. I timori dei tecnici è che la Repubblica islamica possa, entro un periodo breve, costruire la bomba atomica. L'Iran, tuttavia, ha respinto le accuse, sostenendo che non solo il suo programma nucleare ha esclusivamente uno scopo pacifico, ma ha spiegato che l'elevata percentuale di uranio non è stata intenzionale e ha, perciò, solo delle motivazioni tecniche.

Il rapporto. La scoperta dell'Aiea è stata annunciata all'indomani dei colloqui di Baghdad tra Teheran e il cosiddetto 5+1, che Mosca aveva definito "costruttivi" malgrado rimangano "significative differenze" fra le parti. L'ultimo livello di arricchimento dichiarato dall'Iran era poco al di sotto del 20%, un risultato decisamente inferiore al 90% necessario per la fabbricazione dell'atomica. Gli esperti dell'Aiea insistono nell'avere accesso anche al sito di Parchin, dove sono state provati missili in grado di ospitare testate nucleari. Lunedì scorso, l'Aiea e Teheran aveva trovato un compromesso che avrebbe permesso agli ispettori internazionali di visitare
i siti e vagliare i documenti. Tuttavia l'accordo non era ancora stato firmato dalle parti.

Le divergenze. "Non abbiamo intenzione di fermare l'arricchimento dell'uranio al 20 per cento". Così ha commentato l'ayatollah ultraconservatore iraniano Seyyed Ahmad Khatami nel corso del sermone del venerdì a Teheran. Khatami, riferendosi alle forze occidentali, ha detto: "Abbiamo infatti dato l'autorizzazione di controllare i nostri siti nucleari. Inoltre la nostra Guida Suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, ha esplicitamente sottolineato che l'Iran non è alla ricerca di una bomba atomica. Cosa vogliono di più?". Le sue dichiarazioni sono state rilasciate solo dopo che non era stato raggiunto l'accordo tra Teheran e il gruppo '5+1'. L'ostacolo è dato principalmente dal fatto che, mentre Teheran chiede la sospensione delle sanzioni economiche, il gruppo '5+1' non intende chiederne la revoca se prima l'Iran non frenerà l'arricchimento dell'uranio.
I colloqui comunque riprenderanno il 18 e 19 giugno a Mosca.

fonte: La Repubblica.it del 25 maggio 2012

LA SENTENZA. Facebook ko contro il clone porno. "Non lede i diritti del social network"

Battuta di arresto nella battaglia legale che Zuckerberg  sta conducendo contro furbetti della rete: un giudice Usa ha dato ragione al gestore norvegese di un sito hard che aveva utilizzato nel suo indirizzo il sito il prefisso "Face" e copiato alcune delle funzionalità del più grande social network del mondo

MENLO PARK - Sono giorni difficili per Mark Zuckerberg. Non solo in Borsa. Il social network più grande del mondo perde anche in tribunale. Un giudice statunitense ha stabilito che il sito pornografico norvegese FacePorn non lede i diritti del social network più famoso. E così il prefisso "Face" può essere usato per caratterizzare il nome di un sito che si dedica alla socializzazione a sfondo pornografico.

Faceporn è un social network in cui sono presenti video a luci rosse. Per gli utenti iscritti c'è la possibilità di commentare i contenuti attraverso il pulsante 'Like', tipico del social network. Il nome scelto da questi siti è un evidente richiamo a Facebook. Gli operatori norvegesi hanno tratto ispirazione per il modo di funzionamento e per l’interazione degli utenti. L'allusione a Facebook ha mandato su tutte le furie il cofondatore, Mark Zuckerberg. Nella querela, che risale a circa due anni fa, si chiedeva al sito norvegese la cessione del dominio e il pagamento delle spese processuali per la presunta violazione del marchio "Face" e per alcune funzionalità molto simili a quelle presenti sul social network.

Il giudice Jeffrey White ha dato però torto a Zuckerberg. Alla base della sentenza ci sarebbe una questione legata alla giurisdizione. Il sito FacePorn, essendo norvegese, non avrebbe infatti offeso né leso nessun cittadino californiano, essendo stata la denuncia presentata a una corte statunitense. Per questo motivo, il sito con i contenuti per adulti, al momento, potrà continuare a utilizzare il proprio dominio e le funzionalità già attive. Secondo alcune indiscrezioni, due sarebbero le possibili mosse per Facebook: fare causa in Norvegia, facendo valere le proprie ragioni oppure cercare un accordo.

Da sempre il gigante californiano rivendica l'esclusiva sull'utilizzo del prefisso "Face". Tant'è che Zuckerberg sta cercando di ottenere la registrazione del brand per evitare che altri concorrenti lo utilizzino. Allo stesso modo il cofondatore è ricorso in tribunale in difesa del suffisso "book", denunciando vari siti come Shagbook, Teachbook e Lamebook. La battaglia continua.

fonte: La Repubblica.it del 25 maggio 2012

IL CASO. "Io, innocente, in prigione nel Bahrain". Su Twitter l'atto di accusa di un'attivista

La donna, di cui non si aveva notizia da giorni, scrive una lettera in cui fa sapere di essere detenuta in carcere dalle autorità locali. E non solo condanna il sistema giuridico del Paese ma denuncia gli abusi continui che subiscono i dissidenti


MANAMA - Una lettera appassionata, dolorosa, di dura denuncia, divisa in frasi da 140 caratteri su Twitter. Sull'account della famosa attivista Zainab al-Khawaja, @AngryArabiya, silenzioso da parecchie settimane, ieri sono cominciati a uscire i misteriosi tweet con l'avvertimento: "Non sono Zainab, lei è in carcere e mi ha pregato di far uscire questa lettera". Probabilmente il marito dell'attivista, o qualcun'altro a lei vicino in possesso delle sue password, ha informato le migliaia di follower della sorte della giovane donna e delle sue parole di denuncia, e di umana sofferenza lontana dalla sua bambina. Zainab spiega di essere stata arrestata dalle autorità locali con l'accusa di aver commesso una serie di reati, tra cui l'aggressione a un poliziotto. Nella missiva, la donna non solo si dichiara innocente ma denuncia gli abusi che subiscono i dissidenti delegittimando anche l’attuale sistema legale vigente nel paese.

FOTO Il J'accuse di al Khawaja 

Zainab al-Khawaja (foto di Connor McCabe)

La lettera. Nel documento, al-Khawaja - figlia del famoso Abdulhadi al-Khawaja, leader del movimento di protesta antigovernativo nel Bahrain, da mesi in sciopero della fame e in questi giorni comparso in tribunale in sedia a rotelle - ammette il desiderio di uscire dal carcere per poter riabbracciare la sua piccola
di due anni. Tuttavia il solo pensiero di scendere a compromessi con le autorità del Bahrain la fa desistere. Motivo? Non pregiudicare la causa democratica per il suo paese e il sacrificio dei tanti compagni uccisi barbaramente con sentenze sommarie.

"Sì, sogno di mia figlia, mentre dormo, quando sono sveglia. Ma so già che se fossi da lei, non mi darei pace", dice la donna nella lettera. Poi riferendosi a un collega attivista che ha visto morire, Zainab scrive: "Un uomo innocente è stato condannato a morte in un processo che è durato meno di 15 minuti, senza avvocato e senza l'appoggio dei suoi familiari". E la sentenza è stata eseguita immediatamente.

La situazione in Bahrain. Il rapporto di una commissione internazionale governativa ha confermato l'uso diffuso della tortura nelle carceri del paese, così come gli abusi compiuti da parte delle forze di sicurezza. E nonostante l'esecutivo abbia condotto una serie di riforme, gli attivisti ribadiscono che poco o nulla è cambiato.

"Il mio avvocato mi ha detto che l'ultima volta il giudice avrebbe potuto considerare il mio rilascio se fossi stata in aula. Ora crederà che alla prossima udienza io ci sarò. Questa affermazione non ha alcun peso per me se pronunciata da un magistrato che sta a capo di un processo politico del tutto ingiusto. Ciò che cerco, in realtà, non è lasciare il carcere. Il mio caso è simile a quello di centinaia di innocenti prigionieri politici in Bahrain. Il mio rilascio, senza di loro, non significa niente per me", conclude Zainab nella lettera.

Le accuse di al-Khawaja escono proprio nel giorno in cui il Bahrain ha fatto sapere che terrà in considerazione le raccomandazioni delle Nazioni Unite sui diritti umani. Il Palazzo di vetro chiede alla monarchia sunnita di abbandonare la tortura, di rilasciare i prigionieri politici e di aderire alla Corte penale internazionale.

Fonte: La Repubblica.it del 24 maggio 2012